MELOCACTUS
Storia, descrizione, coltivazione, terreno, esposizione, cura e curiosità sul genere Melocactus.
Il genere Melocactus appartiene alla famiglia delle Cactaceae e comprende circa 40 specie. Il genere è originario del’America centrale e meridionale (Messico, Argentina, Perù) e gli esemplari in natura possono essere osservati sia al livello del mare che ad alta quota (addirittura fino ai 2800-3000 m di altitudine), a testimonianza dalla variabilità delle condizioni ambientali ottimali delle diverse specie. Alcune di esse, come M. conoideus, M. deinacanthus, M. glaucescens, M. paucispinus sono attualmente in via di estinzione, tanto da essere inserite nell’allegato A del Regolamento UE n.1158/12 del 27 novembre 2012 (c.d. “CITES”).
Un po' di storia
Il primo nome dato alla specie (siamo nell’anno 1570) fu Melocardus echinatus, risultante dalla fusione delle parole cardo, melone e riccio di mare; successivamente il famoso botanico C.Linneo assegnò alla specie la denominazione di Cactus Melocactus. La particolarità del nome attuale sta nella sua origine latina: esso deriva infatti dalle parole “cactus” (cactus) e “melus” (melone) , per via del cefalio rotondo o cilindrico all’apice del fusto, tipico delle piante in età adulta.
Descrizione
Pur in presenza di differenze tipiche delle varie specie, i Melocactus sono accomunati da alcune peculiarità facilmente riconoscibili: la pianta ha una forma globosa tondeggiante, un classico colore verde, coste (da 8 a 15) pronunciate e spinose; le aureole presentano spine ricurve. Non è una pianta di grandi dimensioni e raramente gli esemplari in età adulta superano i 20 cm di diametro. Caratteristica di questo genere è il cefalio, ovvero una sorta di cuscinetto posto all’apice della pianta, che compare in età adulta: quando questo accade, la pianta smette di crescere e la sue misure rimangono definitive.
Coltivazione
Sovente considerato genere di difficile coltivazione, in passato i Melocactus erano poco diffusi nelle collezioni dei privati, popolando quasi esclusivamente orti botanici e serre di istituti di ricerca. Tuttavia, pur essendo effettivamente di coltivazione poco agevole, seguendo alcune regole basilari si possono ottenere piante sane, robuste e longeve specialmente se ottenute da seme, anche nei climi temperati. Il tasso di germinazione è solitamente elevato (consulta il tasso di germinazione rilevato sui nostri semi) e durante la prima stagione invernale dopo la nascita, le piantine neonate vanno tenute ad una temperatura tra i 15° ed i 20°C ed annaffiate occasionalmente (o meglio vaporizzate) per evitare un eccessivo avvizzimento e quindi una troppo lenta ripresa vegetativa in primavera. Durante la stagione vegetativa (e possibilmente dopo le prime bagnature primaverili) è bene concimare il substrato con un concime a basso tenore di azoto ed alto tenore di potassio; le annaffiature andranno poi ridotte quando la pianta raggiungerà un’età adulta od avanzata ed inizierà a presentare il cefalio. Le bagnature vanno effettuate solo quando il substrato ha perso completamente l’umidità della bagnatura precedente e vanno del tutto sospese nel periodo invernale. E’ stato osservato che, nella fase di riposo vegetativo, gli esemplari giovani, ancora sprovvisti di cefalio, sopportano meglio le basse temperature e l’umidità ambientale. La pianta fiorisce solitamente in tarda primavera, ma prima di assistere alla fioritura dovremo aspettare che la pianta abbia almeno 5-7 anni di vita.
Terreno
Il substrato su cui coltivare i Melocactus necessita di un ottimo drenaggio. Potrà sembrare un’eresia ma, a differenza della maggior parte delle altre Cactaceae, nella preparazione del terreno si può aggiungere anche una modica quantità di torba a bassa acidità, oltre a della perlite attorno alla radice. Possiedono un apparato radicale molto sviluppato, con lunghe radici fibrose che assicurano alla pianta un buon ancoraggio al terreno: di conseguenza vanno coltivate in vasi non troppo piccoli ma comunque compatibili con le loro necessità.
Esposizione
I Melocactus amano gli ambienti molto luminosi ed apprezzano anche qualche ora al giorno di luce diretta. Temono il freddo: d’inverno vanno lasciati riposare in ambienti secchi e poveri di umidità, a temperature non inferiori a 14°C.
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