IL CACTUS DEI SOGNI IN VIA DI ESTINZIONE
Il punto della situazione sulla Lophophora williamsii ("peyote"), cactus messicano ormai in via di estinzione.
Pare proprio che dovremo presto dire addio al peyote, il famoso cactus dall’aspetto rinsecchito e raggrinzito, che ha allietato i giorni (e soprattutto le notti) di intere generazioni di turisti europei, giovani e non. Negli anni ’60 la ricerca spasmodica delle piante nel loro habitat naturale, finalizzata alla consumazione, regalava a scrittori ed artisti in fuga dalla realtà, allucinazioni e visioni: la mescalina di cui è ricco è infatti una sostanza stupefacente a tutti gli effetti. Ma secondo un articolo edito da El Universal di Città del Messico, la “Lophophora williamsii” (nome scientifico) sarebbe sulla via dell’estinzione: trovare il cactus nelle zone desertiche del paese starebbe divenendo sempre più difficile.
Resa celebre dai testi dell’antropologo e scrittore Castaneda, complice anche il clima sociale di quegli anni, la pianta è divenuta nell’immaginario collettivo il simbolo dell’astrazione, della libertà e della spensieratezza. Singolare, caratteristico e pressoché unico nel suo genere, il peyote cresce molto lentamente e raggiunge l’età adulta dopo i 20 anni; i saccheggi operati dall’uomo (e soprattutto la cattiva abitudine di estirpare l’intera pianta, anziché tagliarla per permetterne la rigenerazione) hanno pesantemente ridimensionato la numerosità della popolazione.
Oltre agli evidenti danni alla biodiversità ed ai flussi turistici verso il centro America, ciò che più preoccupa è la minaccia alla cultura degli Huicholes, gli indios che da millenni fanno uso del peyote come elemento sacro e terapeutico. In passato essi utilizzavano gli estratti della pianta come analgesico contro il mal di denti e come cura per i reumatismi e l’asma; oggi, nelle loro cerimonie religiose, le allucinazioni indotte dal consumo del peyote canalizzano e facilitano la comunicazione con gli dei ed ogni anno gli sciamani sono costretti a cercarli percorrendo a piedi diverse centinaia di km nel deserto. E’ in pericolo non solo il rinnovamento annuale dei riti sacri, ma anche la possibilità di tramandarli alle nuove generazioni.
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